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Il termine big data viene utilizzato per la prima volta nel 1990 da John Mashey, PhD in computer science alla Pennsylvania State University e, ad oggi, è diventato una delle buzzword più importanti per le aziende di tutto il mondo negli ultimi anni. La raccolta e l’analisi di informazioni forniscono alle aziende indicazioni importantissime sui loro clienti e sui propri settori, permettendo loro fare analisi predittive
La quantità di dati che produciamo è smisurata. Ma dare un senso a milioni (forse miliardi) di conversazioni potrebbe essere dispendioso in termini di tempo e potrebbe risultare difficile senza una tecnologia potente, in particolare quando questi dati non sono strutturati. Questo è spesso il caso dei dati testuali online sotto forma di articoli, di notizie, post sui social media e commenti sui forum o blog.
Tale è la complessità del processo di analisi che spesso una sorta di scoraggiamento pervade le aziende.
Senza struttura, i big data risultano indisciplinati ed inutilizzabili, sono solo una massa di informazioni non correlate che richiederebbero troppo tempo per essere comprese, e anche in questo caso, potrebbero non fornire alcuna comprensione. 
Queste informazioni, però, possano diventare dati intelligenti se sovrapposte in maniera efficace.

Ma cosa sono i big data?

I Big Data descrivono enormi quantità di dati, sia non strutturati che strutturati, raccolti i su base giornaliera; una volta filtrati e si trasformano in Smart Data, una forma di dati più pulita  e precisa, che permette di ottenere approfondimenti utili per un processo decisionale più efficiente.

Big Data e Smart Data non sono due mondi in conflitto, anzi!

Big Data e Smart data non sono da leggere in contrapposizione tra di loro, ma sono due elementi direttamente correlati.
I Big Data sono comunemente descritti utilizzando le cinque V: valore, varietà, volume, velocità, veridicità. Una riduzione del “volume” avviene con Smart Data. La varietà può essere ridotta o meno, a seconda del processo di screening filtrando le informazioni. Valore, velocità e veridicità (accuratezza) dovrebbero aumentare con la diminuzione del volume.
Gli Smart-data si concentrano sul valore azionabile ottenuto dal coinvolgimento umano nelle fasi di creazione, elaborazione e consumo dei dati per migliorare l’esperienza umana; non sono altro che il risultato di un processo che a partire dai big data fornisce informazioni più profonde su uno specifico contesto.
Facciamo degli esempi di Big data e smart data.

Pensiamo al modo Financial Services”:

Big data

  • la raccolta delle transazioni effettuate dai clienti di una banca

Smart data

  • fraud detection, o credito meritizio

Nel mondo del Retail:
Big data

  • raccolta di prodotti acquistati con una fidelity card

Smart data

  • offerte personalizzate e geolocalizzate

Nel settore Telco:
Big data

  • raccolta di informazioni sui volumi di traffico voce in determinate aree geografiche

Smart data

  • anomaly detection per fare diagnostica delle infrastrutture.

Gli smart data danno un senso ai big data grazie ad algoritmi per la classificazione concentrandosi, così, sul valore azionabile e concentrandosi così su ulteriori informazioni più profonde su un contesto specifico. Possono diventare un prodotto su misura con un alto livello di personalizzazione per comprendere la complessità del mondo reale.
Come può l’analisi delle conversazioni, sul web e i social, aiutare le aziende?

Oggi nel web vengono lasciate un’enormità di date ed informazioni; basti pensare che ogni minuti vengono effettuati 900mila logins su Facebook, 500 mila Tweets, 65mila post su Instagram e vengono viste 700mila ore di video su YouTube.
Come possono le aziende utilizzare questi dati? Esistono strumenti e soluzioni che consentono di monitorare i canali e le conversazioni pubbliche  sui Social, con l’obiettivo di individuare segnali, tendenze, crisi sintetizzando i dati raccolti in analisi significative e informazioni azionabili in base alle esigenze dell’utente finale.
Tante soluzioni sul mercato si sono trovate a cavallo dell’evoluzione che stava avvenendo nel mondo dei Social Big Data, incentrate sul collecting, difficilmente il loro output soddisfava gli specifici contesti dei loro utilizzatori finali.
Quali sono i punti chiave che dobbiamo avere per effettuare un’analisi con piattaforme di social media intelligence?
La parola “brief” non mai stata così importante: la raccolta di informazioni utili per strutturare una strategia di successo è necessaria.
Bisogna definire un perimetro di analisi decidere l’argomento, il brand o il prodotto; individuare delle fonti, scegliere il Paese e le Lingue, capire lo scenario competitivo e il benchmark di settore.
Diviene molto utile farsi aiutare dalla logica booleana e poi filtrare solo le informazioni necessarie.

Successivamente si arriva alla fase di Individuazione dello scenario e dello use-case desiderato, la definizione delle regole per la segmentazione per poi delineare i KPI necessari al raggiungimento degli obiettivi.
Quali sono le analisi più frequenti?
Sono tutte quelle che possono essere fatte su testi, hashtag, immagini emoji, cosa succede quelle fatte studiando i picchi di conversazioni, la distribuzione, l’individuazione dei trend e degli argomenti correlati per capire chi e come parla di un determinato argomento.
Una volta che i dati sono stati raccolti è giunta l’ora di astrarre valore.
Quali sono gli uses cases più utilizzati e come i big data e gli smart data possono venirci in aiuto? 
Brand Reputation: la raccolta delle menzioni al brand nel tempo (big data) per capire                   l’andamento reputazionale del brand, individuazione dei clienti ideali (smart data).
Competitive intelligence: la raccolta delle menzioni a un competitor, o le conversazioni sulla industry (big data) ed analisi ROI sulle campagne rispetto alla presenza nel mercato (smart data).
Content Strategy: la raccolta di dati testuali e immagini e dati sull’engagement (big data) ed analisi di Keyword strategy per strutturare un piano editoriale (smart data).
Crisis Management: la raccolta delle conversazioni minacciose al brand (big data) con la successiva estrazione dei profili haters con alerting automatico sulle minacce più rilevanti (smart data).
Gli scenari futuri renderanno sempre più semplice la raccolta dei dati ed entro il 2021, il 66% dei processi di analisi consentirà di scoprire non solo che cosa è successo e perché, ma ci dirà anche che cosa dovrebbe essere fatto. 

(Fonte dato: Ventana Research Assertions)